Man mano che da vecchie raccolte di poesie, scritti, riflessioni di Marco che venivano casualmente alla luce (da contenitori da lui deposti nella nostra cantina) si evidenziavano i suoi sentimenti, affetti, legami con amici ma soprattutto familiari, io, Annamaria, la mamma, colei che ritiene di avere un rapporto speciale con il figlio, mi chiedevo come mai non ci sia uno scritto, una poesia, un’espressione che mi riguardi personalmente, che esplicitamente si rivolga a me.
Questo disagio, assieme ovviamente al dolore, alle domande sempre più forti sul perché di quell’evento, furono da me espressi nella primavera del 2011 a Gianni, cui Marco ha dedicato la bella poesia “Albero padre”.
Pochi giorni dopo proprio Gianni, scartabellando vecchi documenti, mozziconi di scritti, anche incompiuti, ha individuato, del tutto casualmente, una busta, l’ha aperta e ha trovato un manoscritto di Marco del 1993: una bellissima lettera rivolta a me, una sequenza di “grazie”, di espressioni affettuose, insomma una vera e propria composizione dedicata alla mamma che ora viene pubblicata su questo sito.
Grazie ora e per sempre, Marco, per la tua pronta risposta. So che sei con me e che conosci, segui, leggi i miei pensieri. Ci vedremo presto. Ciao Marco!
Annamaria
Lettera alla mamma AnnaMaria
"La notte sta inghiottendo anche quest’ultimo frammento di giorno e di vita. Prima di ritornare nel mio piccolo pezzo di cielo, ho visto la luna attraversare il mare delle nuvole, dei pensieri grandi, dei sogni di Infinito, delle parole frammentate dalle sferzate del Freddo Vento del Nord. Mi ha parlato e raccontato di persone ormai lontane e di navi salpate verso rotte AL DI LA’ dei confini del Vecchio e Nuovo Mondo.
Mi ha fatto ricordare i giorni del dolore quando la tua vita è stata presa e fatta scivolare oltre il mare immenso, che bagna le spiagge dei piccoli segreti dei bambini. Ed ora sei qua ad insegnarmi ancora a sopportare il peso della vita.
Ma questo mondo a volte mi sembra così strano e duro che vorrei fuggire al di là della pianura e salire sulle vette più vertiginose e vedere il sole rinascere dopo una lunga notte.
Il mondo è sordo al richiamo dell’Assoluto, al punto tale che non sente nemmeno il silenzio.
GRAZIE per questa vita che mi ritrovo ad affrontare ogni mattino.
GRAZIE per aver sposato uno come papà perché sposando lui hai sposato la sua onestà e la SUA GRANDE COERENZA VERSO I VALORI che gli uomini bruciano nei grandi FALO’ DELLE VANITA’.
GRAZIE per le parole gentili perché forse sono le uniche (insieme a quelle degli altri familiari ) che ho ricevuto in questa mia tribolata vita.
GRAZIE per i piccoli grandi DONI, per la tua presenza, per il tuo donarti gratuitamente.
GRAZIE anche per i tuoi silenzi così rumorosi e grandi nelle Valli Eterne.
A volte, mentre dormivi, ho vegliato sul tuo sonno, ringraziando che tu fossi ancora VIVA.
Forse sono un po’ stanco di lottare e di credere che da qualche parte esista il grande amore e che esistano le grandi vallate dove nascono i fiumi della Speranza.
Ma questa notte voglio solo ringraziarti di essere ancora qui, in mezzo a noi, con me, ad ascoltare i miei confusi discorsi e a sopportare le mie pazzie.
GRAZIE per avermi insegnato, insieme a papà, a rimanere uniti nel matrimonio nonostante le diversità.
ORA NEL VENTO RINCORRIAMO GLI AQUILONI DELLA SPENSIERATEZZA, ATTENDENDO, UN GIORNO, DI GIUNGERE ALLE RIVE DEL GRANDE MARE PER POTER VEDERE NASCERE IL GRANDE SOLE.
Grazie per TUTTO e per SEMPRE.
Marco
Stavo vivendo un periodo difficile, da un lato, chiaramente, per l’improvvisa, quasi incredibile partenza di Marco, dall’altro per alcune mie personali prove che mi avevano indotto a chiedere in preghiera l’aiuto di Marco, mio carissimo fratello, con cui ho avuto sempre un rapporto particolarmente profondo.
Il 19 gennaio 2011, cercando tra vecchie carte un documento che mi interessava per il mio lavoro, ho trovato un manoscritto di Marco del settembre del 2001; era piegato accuratamente ed era indirizzato proprio a me (“X CHIARA”). Con mio stupore, emozione, ma anche gioia ho aperto quel messaggio di dieci anni fa che sembrava scritto ieri.
Marco si è fatto presente con parole che ho ritenuto di far conoscere a tutti, tanto forte e straordinaria è la coincidenza di quei suoi lontani pensieri con quanto attualmente ha voluto dirmi con forza e amore.
Chiara.
"Cara Chiara,
stupefatta, perplessa? Più stupefatta o più perplessa? Chi sono? Io, il falco solitario
degli uomini e di Dio. Uomini che attendono di passare il fiume della VITA e vedere
per un attimo un qualcosa per aggrapparsi e scendere a valle. Pazzia? No, consapevolezza
di una SACRA solitudine che ti fa vedere gli uomini talmente piccoli da non sentirti
più uno di loro… solo unicamente un falco nero, veloce, irraggiungibile. Qui sopra
le nuvole a volte sembra tutto possibile, tutto semplice, tutto così dannatamente
luminoso. E forse tu stai varcando il sacro fiume che conduce gli uomini oltre frontiere
delle giornate inutili, fermi ad aspettare un suono che non arrivava mai. Sì, sento
che ce la puoi fare e da qui, così in alto, così nel freddo lo vedo possibile, ad
un passo dai tuoi sogni. Forse perché so cosa vuol dire varcare quel fiume… beh,
io ci sarò a difendere i tuoi passi timidamente dolci, semplicemente veri. Sarò
con te nel dolore, ma anche nella gioia e nella felicità che sento sta per trionfare,
sta per irrompere nella tua vita. Le mie ali sosterranno i tuoi pensieri appesi
nel vuoto dell’umano, i miei occhi guarderanno gli orizzonti dei tuoi domani perché
nessuna nuvola possa giungere prima che i fuochi delle case siano stati accesi e
i tramonti abbiano ricordato ai mortali che un altro giorno è passato. Un tempo
pensai di non poter più volare, né capire, né amare, né scrivere. Ora mi trovo in
aria tra stelle e raggi di sole che accarezzano le mie ali. Non sei sola, prova
a guardare sopra la tua testa e vedrai un’ombra nera volare sopra i tuoi respiri,
sopra i tuoi sorrisi. Nessuno più infrangerà il cristallo che unisce terra e cielo,
nessuno più ti porterà via la tua vita, il tuo amore, le tue piccole fantasie e
speranze. Prova a guardare sopra la tua testa e vedrai il falco di Dio vigilare
sul tuo sentiero e gli altri uomini lo vedranno anch’essi e ne avranno paura e fuggiranno,
e solo sulla tua mano si poserà per trovare un po’ di riposo. Un nuovo sole sta
per sorgere. Un sole caldo, tremante. Un sole vivo è già all’orizzonte. Un falco
veglia sulla valle ancora addormentata.
Marco"
20/08/1995
"Finalmente ha smesso di piovere
(forse per poco).
Il cuore batte
attimo dopo attimo
passo dopo passo
lungo cornici sottili di
nuvole
vapori che si innalzano
in fantastici torrioni.
Le parole sono rimaste in basso
insieme alle banalità
e qui su questa piccola cima
ritrovo Dio, le mie gioie perse,
la mia voglia di vivere e lottare."
10/04/1998
"Ricondurre la luce
alla sorgente
per rivedere
il volto rigato di lacrime.
La vita riprende il ritmo antico
e noi
increduli
salutiamo grati
le montagne per i loro silenzi"
31/08/1998
"Dammi la forza, o Signore, di perdonare
e di vedere nuovamente il cielo azzurro
sopra di me. Dammi la forza, o Signore,
di innamorarmi di nuovo ogni giorno
della vita e dell'Amore"
FRAMMENTI DI VITA
Ho guardato nascere un giorno. Era un giorno di una fresca
estate. Ho visto accendersi uno ad uno i sogni dei bambini, sparsi nella notte
dalle loro piccole mani. Ho visto il vento spettinare pensieri e capelli per poi
portare via dai nostri cuori le incertezze. Le incertezze passeranno; ormai non
ci vorrà molto. Le tempeste passeranno e rimarrà grande la memoria di
quell’incomprensibile dolore e tutto troverà un senso nella magnifica sinfonia
del mistero divino.
E sentirai le note di una musica che cantavamo da bambini,
ricordandoti momenti magicamente indimenticabili, quando attraversavamo foreste
piene di lupi, sentieri fatati, con passi timidi e i medesimi geni ci spiavamo
dai ciuffi di muschi sospesi alle torri tra svolazzare di corvi.
Vedrai il mare incendiarsi di ricordi dopo uno strano,
magari faticoso giorno, e in quel mare ti perderai e capirai che senza i sogni
noi non possiamo dipingere i muri dei i nostri grandi domani.
Ho visto uomini cambiare di fronte all’incedere violento
della vita, bruciare i loro ideali e spegnersi in una esistenza
grigia e silenziosa.
Busseranno alla tua anima, lusingandoti e cercando di
farti rinunciare al “grande volo”, che imparammo, conoscendo un nuovo senso
delle cose.
La risacca del passato a volte può far male e bloccare il
tuo presente. E allora non voltarti mai indietro, non guardare mai dove muoiono
le nuvole del passato, perché il presente è l’unica possibilità che abbiamo per
cambiare il nostro passato ed amarlo. Se i nostri venti hanno attraversato il
medesimo cielo, di sicuro ci sarà un motivo. Ma i motivi non li capiamo se non
dopo aver volato sopra i giorni dell’incommensurabile silenzio: silenzio
dell’anima, quel sottile senso di vuoto e di pienezza che giunge dopo un
temporale, dopo una tempesta. Pace che arriva dopo una furibonda guerra, quel
riposo che sperimenti dopo una lunga interminabile corsa.
Questo cielo è così grande e questo mare così immenso che
nessuno di noi potrà mai capire perché non riusciamo a intravedere, almeno per
un attimo, la sorgente del nostro strano cammino. E questo accade perché non
vogliamo fidarci del Padre, quasi avessimo fretta, poco tempo, quasi avessimo a
disposizione ancora pochi minuti, senza ricordarci che, in fondo, non dobbiamo
capire niente, ma dobbiamo soltanto amare.
Ora il treno corre attraverso le grandi vallate della
nostra fantasia, passerà sotto i monti, le cime vertiginose, quelle cime, sulle
quali ti senti più felice perché sei più vicino a Dio. Quel treno attraverserà
le grandi foreste delle nostre prove, si arrampicherà su salite interminabili,
taglierà altipiani sempre più veloce.
E capirai
che siamo tutti in viaggio, che ognuno di noi ha attraversato valli, pianure e
ha visto i medesimi monti.
Quei compagni di
viaggio, in realtà, stavano lì, magari un poco dietro di noi, una o due file, e
basterà poco, magari una risata, poche parole, per ricordarsi della loro voce e,
voltandoci, rincontrare lo stesso sguardo limpido di sempre, lo stesso, limpido
sorriso che non cambia mai nelle
persone che vivono volando, oltre le quotidiane banalità.
IL VISITATORE
NOTTURNO
Eccolo di nuovo tra
le ombre della sera.
Avanza silenzioso, convinto, freddamente allegro. Poche
parole ,solo gesti lenti, frantumati dalla luce
stroboscopica di una o più discoteche. Lui è il Re della notte, di ogni notte,
delle notti più cupe e silenziose, più
stranamente tribali. Eccolo di nuovo, come se sapesse del mio dolore e ne
ridesse. “ Hai visto- sembra dire- se solo mi avessi ascoltato, se solo avessi
voluto concedermi un angolo del tuo cuore”. Da sempre, dai primi passi della mia
piccola e modesta vita, non c’è mai stata tregua, mai pace tra me e Lui : un
inseguimento senza fine, tra vie poco illuminate, in squallidi bar, in piazze
deserte. Lui lì, a rincorrere la mia anima, la mia vita, per carpirne il
segreto, il senso recondito, per convincermi a tornare indietro, tra quei
vicoli, tra quelle piazze. Ma perché
proprio io? Mi domando ormai da anni: io che forse ho solo il merito di dipingere i
sogni nei cieli frantumati da guerre, di credere all’amore, piccolo fiore,
stella luminosa tra molte,
importante negli angoli del tempo fatto solo per capire e volare. Sì, volare,
tra le cime dei monti, nei mari persi dei tramonti accesi.
Eppure Lui si infuria appena vede qualche piccolo
movimento, un vento sottile di gioia che vince il suo stupido sorriso. Così
credi di aver vinto ancora una volta, soddisfatto del tuo lavoro meticoloso, del
tuo piano quasi imbattibile!
E, tuttavia, tra le righe di una pagina ancora da
scrivere, tra le luci nere della
notte, tra versi nuovi e antichi, qualcosa ti è sfuggito, qualcosa di
semplicemente umano, una piccola luce lassù tra i monti, salvezza per molti
viandanti. Eppure, pur conoscendo le tue tecniche, sono tentato di crederci e di
cadere nella diabolica trappola preparata da te con cura.
Ma ormai per te è troppo tardi; mancano ormai poche ore al
sorgere del sole e tu, come tuo solito, insisti, continui a credere che , alla
fine, tu vincerai e mi porterai via anche le mie montagne. Ma, nonostante la mia
iniziale debolezza, mi alzo, afferro la vita e affronto il tuo odio: l’odio che
hai per l’amore, la vita, la semplicità, la gioia, tutto quello che, in fondo,
costruiamo o cerchiamo di costruire ogni giorno.
Sì, è vero, oggi hai vinto tu, hai distrutto parole,
speranze, slanci di vita, piccole e povere cose per te. Eppure tu lo dovresti
sapere: il sole sorgerà di nuovo, riapriremo i nostri stanchi occhi e
riprenderemo a lottare, a costruire e domani scenderemo in campo armati della
nostra sola fede, Davide e Golia, di nuovo uno di fronte all’altro.
Ma ci alzeremo, fiduciosi che , prima o poi, le tue difese cederanno, un attimo appena, per
abbagliare i tuoi occhi neri, la tua stupida superbia. Perderai proprio quando credevi di aver vinto,
proprio quando credevi di poterci fregare tutti, sconfitto da Davide, piccolo
uomo inerme, eroe senza patria né volto; sconfitto dalla Croce, simbolo di
resurrezione, vita, speranza. E proprio adesso che il mondo quieto e sonnolento,
subisce il fascino diabolico della falsa felicità. Tu hai già incominciato a
perdere, vinto da un piccolo uomo, Davide, armato solo della sua speranza….
Mentre mi addormento accanto al tuo sorriso di vetro, un
angelo veglia sul mio sonno bambino, una nonna amata, diventata per sempre
angelo; e tu hai perso ancora una volta….
Chissà cosa stai meditando per domani, quali alchimie
astruse e misteriose pur di provare a comperarmi l’anima.
Ma questa notte tornerai nei tuoi caldi inferi, da dove
sei venuto, colpevole solo di essere perdente di natura…….
Vade retro Satana!
PERCHE’
Perché rimpiangere
la primavera?
Perché rimpiangere
l’estate
quando la neve copre,
quando la neve tace?
Perché rimpiangere
un fragile sole
quando nell’immensa
coltre bianca
abbiamo riposato
fragili
l’anima stanca?
E questo nostro
riaffacciarsi sul fiume
che si trascina lento,
che senso ha
se non quello
di fermare il tempo?
Ma questo è il nostro tempo,
il tempo di amare,
questo
e non altro tempo.
Di credere nelle mani,
nei sorrisi di chi
si ama.
Di credere Oltre….
questo tempo.
Di credere Oltre….
quel vento.
E intanto riaprire
porte e pensieri,
accogliere vite e
sorrisi.
Amare
soltanto il presente.
Perché questo nostro volare
sia eterno.
Perché questo nostro presente
abbia già un po’
di Paradiso.
Dove ritroveremo
tutto.
I primi passi,
le lacrime…
un padre
che scaccia
via la notte.
Dove ritroveremo
I sorrisi,
le speranze.
Dove ritroveremo
la nostra vita.
Dove ritroveremo
l’ eterno.
Dove ritroveremo
l’amore
che avremmo
voluto dare,
senza più rimorsi.
Dove inseguiremo
un bambino
che non sa
ancora camminare.
Dove….
Dove ritroveremo
Il Cielo.
LA BANDIERA
ITALIANA
ABBRACCIO
Un grillo
canta,
mentre
la campana
riecheggia
nella valle addormentata.
Aspettare
in estasi
questo momento
nel quale
misteriose voci
sciolgono
i miei pensieri.
Reduce
di una guerra
senza vinti
né vincitori,
mi ritrovo
con cocci di uomini
frantumati
dalle loro stesse parole.
Io non sono ancora crollato
perché le braccia
del Padre,
salde,
tengono stretta
la mia vita.
Albero padre
felice del tuo vento,
con nel cuore
schegge d’amore.
Ti hanno rubato
le mani grandi
del calore del sole.
Ti hanno rigato
l’anima d’invidia
solo perché avevi
negli occhi
le sorgenti
delle cime imbiancate
di pace e di vitalità.
Tu davanti
a rompere
il ghiaccio
delle nostre indecisioni,
a scacciare la notte
di tutti
gli uomini
persi nel mondo.
No, non tremare,
no, non pensare
che non coloriamo
i tuoi giorni.
Noi amiamo
le tue pazzie,
i tuoi sorrisi,
i tuoi pianti perché,
tu padre,
guardasti
con
occhi limpidi
i nostri gridi disperati
e stringesti
i nostri cuori.
Grazie
per i tuoi domani,
grazie per le tue grida
di disperazione
perché ci desti
la vertigine dell’assoluto.
Io per sempre
a portare la tua,
la nostra croce, e
gridare
che abbracciando
l’Abbandonato
risorgiamo
ogni giorno.
(Loppiano, 1992)
Il sogno diventò
vento
ed il vento attraversò le
strade, città,
gli stati,
i continenti,
i cuori,
e portò via con sé
molte parole,
molte finzioni,
molti ricordi.
La marea
portò le prime nubi
cariche di pioggia
e di arcobaleni.
L’uomo sapeva
che l’inverno
sarebbe arrivato,
e volle aspettarlo
vicino al fuoco,
vicino alla fragilità.
Venne la pioggia
e diventò neve,
e diventò pace,
e diventò voglia di
ricominciare,
e,
mentre il mondo
guardava le strade,
le città, le vie,
le vetrine sfavillanti di
illusioni,
lui imparò
a guardare in alto,
oltre le nubi;
tanto in alto
che decise di andare a
viverci
per poter finalmente
parlare con Dio,
e gridare
che nessun sogno
è impossibile
per chi sa
solo volare.
(1995)
Siamo
-per un attimo-
volo d’aquila,
torrente refrigerante,
passi incerti
di un bambino,
sguardo fragile
di un vecchio.
Siamo questo
per la vita,
alla ricerca
insaziabile di Dio.
(1995)
ANDREA
Aprì le ali
nella sera delle stelle.
Le aprì
per poter ritornare angelo,
angelo
con occhi neri
e sorrisi smisurati.
Sorvolò
la vita;
la sua.....
la nostra,
per non voler disturbare
finse anche di sorridere...
poi imparò....
imparò
a volare.
Ritrovò l'amore
del Cielo
e di suo padre.
Aprì le ali
nella sera delle stelle
dopo aver illuminato
i cuori,
le parole
con i suoi sorrisi.
Angelo
con ali di cera.
Angelo
fragile
tra terra e cielo.
Angelo grande
sfuggito via
tra le mia dita
nel vuoto
verso la luce
verso
la Vita.
I GIORNI GRANDI
Le montagne silenziose
immutabili,
allineate
al confine del cielo.
Le montagne
le voci dentro, i desideri
che avremmo voluto
realizzare, le cose
che avremmo voluto
capire, le
parole
che avremmo voluto afferrare.
Le montagne,
il senso stella nostra fragilità umana
e sulla cima
la gratitudine e la gratuità.
Le montagne dentro, grandezza
di essere uomini.
Le sentinelle del cielo
e di questa valle
ora riposano
nella notte
trapunta di stelle
mentre misteriosi
riflessi lunari
incidono righe di sogni
nella terra
lontana.
Domani,
cent'anni
un soffio di vento
e loro, i
monti,
ancora presenti
con i loro colori
come bandiere frementi
al vento del tempo. Dagli alti pinnacoli,
guglie,
misteriosi castelli,
osservano
l'incessante fluire
del mondo.
Svanite le nostre voci,
dissolte
nel breve attimo del vivere,
getteranno,
ancora,
le loro lunghe ombre
e infiammate
alla sera
faranno riecheggiare
nella valle
i canti
indicibili
degli angeli.
(Valbruna, gennaio 1998)
FOIBA
Un filo d’acciaio
taglia l’anima
che grida pietà,
sul ciglio
della morte.
Foiba
parola
che sgretola la vita.
Foiba
parola che inchioda
alla croce,
senza respiro,
senza assoluzione.
Mani e piedi
legati dall’odio
e poi
giù,
nel buio
mentre la tua vita
sfracella
tra le pareti
nere di pietà.
Uomini,
donne,
padri,
madri,
violentati
dalla follia della morte,
dalla pazzia dell’ideologia.
Nella nebbia del tempo
quando
tra le dune
di pietra del Carso
domina la notte,
mi pare di sentire
le voci, i canti e i silenzi
di quegli uomini
che caddero
nel ventre buio della terra
rinascendo
per sempre
nella Luce.
TARNOVA ( AI CC di via Barzellini)
“ Perché piangi
Soldato” ?
“Piango perché
Non potrò
Più rivedere
Mia moglie
I miei figli.
Non potrò più amare,
vivere, sognare”.
La notte
sul ciglio della foiba di Tarnova
è squarciata
dai crepitii
delle mitragliatrici,
da urli,
da preghiere.
Nel fondo del baratro
tutto sembra finire
per sempre.
Prima di cadere nel vuoto una voce:
“Oggi tu
soldato
sarai con me in paradiso”
(29/06/09)
BASOVIZZA
Avete chiuso
i loro occhi;
avete legato
le loro mani imploranti;
avete legato
i loro passi che scappavano;
avete spento
le loro voci;
ma non siete riusciti
a fermare
le loro anime
che dal profondo della terra,
salivano verso il Cielo.
(10/02/2008)
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